Spoon River Italia
Dormiunt vigilant
​
Non è ancora settembre
e non è più agosto
Non son più lì da te
ma nemmeno al mio posto
La luce solo quella
è sempre la stessa
bagliore chiarissimo e tenue
vergine come una promessa
Se l’ascolto so
che siamo sì distanti
ma sulla buona strada
e che illuminerai i miei passi
per sempre ormai senz’ombra ovunque vada
I
Fortuna che i morti non piangono più
perchè c'è da sbellicarsi dalle lacrime
per quello che hanno fatto ai miei compagni
Si son messi a raccogliere firme
per far tagliare il platano
su cui mi sono sfracellato
Quello e tutti gli altri del filare
sulla petizione li chiamano
platani assassini
e parlano di asfalto stradale
deformato dalle loro radici
Il punto è che non sono stati gli alberi
a venirmi addosso
a centocinquanta all'ora
Ero già fuori di me
quando sono andato fuori strada
Laura non si era presentata
al nostro appuntamento
e mia madre non voleva continuare
con la chemio di mantenimento
così in quel bar ho preso a bere
tutto quello che finiva nel bicchiere
Ero solo come non sarò mai più
tornando a casa
In più ascoltavo i Nirvana
In ogni caso ora che sapete
il perchè e il come
nessuno si azzardi ad abbattere
anche un solo platano in mio nome
II
Il problema è che per vivere
bisogna respirare
e quando respiri
sono polveri sottili
Il problema è che lo sai solo dopo
quando hai una collezione di metastasi
Lo capisci solo allora
che i capi non erano altro che vandali
Ad ogni processo tu sei sempre più malato
mentre loro ti appaiono più giovani
e hanno sempre più avvocati
e gli danno sempre più attenuanti
e come pena sempre meno
il problema è che vivere
è respirare verleno
​
III
Passati i quarant’anni
sceglievo i miei uomini
solo dagli spermiogrammi
e dopo il sesso mettevo una croce
sul calendario e sui compagni
L’amore era solo un mezzo
perché la mezza mela
era già completa
anzi era talmente matura
che perdere tempo in coppia
lo vedevo come contro natura
Appena seppi la buona novella
andai a pregare in una chiesa stupenda
Commissionai una grande culla a un falegname
e due pigiamini ad un sarto
Ancora oggi mi sembra impossibile
di essere morta di parto
IV
Era Natale e giocavamo a tombola
e ovviamente chi sapeva niente
di quella bombola
Per noi le uniche “perdite”
erano quelle al gioco
Si era al corrente solo
che qui sotto ci stavano indiani
perché odoravano sempre un po’ di curry
i nostri natali
Da noi la gente è fumantina
il nostro è un quartiere popolare
Ci vuole proprio niente
per farlo scoppiare
Per questo voglio dire di non farne
una questione razziale
e anzi se possibile di usare
un po’ di perdono e pietà
perché quel che ci è accaduto
dico lo scoppio ed il crollo
è stato solo a causa della povertà
V
Come offesa nel mondo del calcio
frocio è il massimo
Non lo si dice neanche a un arbitro
Infatti per trent’anni
solo alle spalle l’ho sentito
e tutti pensavano che fossero
insulti gratuiti
fatti dai parenti a un talent scout
a causa dei rifiuti
Da quando invece hanno scoperto
i vhs le registrazioni e gli sms
insomma da quando è scoppiato il putiferio
ed è scattato l’arresto
la gente si è messa a insultarmi sul serio
Non solo frocio
ma sui social prima porco
e poi sui muri orco
Ogni giorno qualcosa di peggio
ma con quei calciatori minori
con quegli extracomunitari
ho fatto solo quello
che avevo subito al collegio
Porco mostro orco
Se fossi ancora vivo
forse mi toccava il nome Hitler o Attila
Invece ci han pensato in carcere i compagni
soffocandomi con una busta di plastica
VI
Non si sa perché i treni deraglino
e perché a morire è uno su mille
So però che dovevo prendere
quello delle 7 e 17
e l’ho perso in quanto il giornalaio
si era dimenticato l’allegato
Allora ho preso quello delle 7 e 29
e mentre è successo
proprio l’allegato stavo leggendo
un articolo su come l’aneto
renda il sapore del salmone più intenso
È da storie come questa che capisci
quanto la vita sia priva di senso
VII
Mi è venuto sotto
strillando che eravamo tutti ladri
e che dovevamo andarcene
fuori dall’Italia e dalle palle
Aveva una faccia di cera
e accanto alla pistola
teneva appallottolata una bandiera
Nemmeno ho fatto in tempo a spiegargli
che ero soltanto una guardia
e che rappresentava il mio lavoro
proteggere i deputati
Mi ha sparato dritto al cuore
e un secondo dopo la sua faccia
era un’altra
Prima di morire
ho sentito che diceva mi dispiace
costernato flebile
Magari era convinto che indossassi
un giubbotto antiproiettile
VIII
A partire dai cent’anni
son venuti a far la foto
Sempre la stessa
io con mille rughe e cento candeline
che soffio felice
All’inizio mi chiamavano
la nonna di Avellino
poi la nonnina d’Italia
Infine La Nonna per antonomasia
Ogni anno mettevano un mio vecchio ritratto
accanto alla mia faccia incartapecorita
per farsi una risata
Poi con tono ludico
chiudevano il collegamento
dandomi appuntamento
tra due o tre lustri in studio
Ora che non sono più viva
credo che ci inviteranno qualcun’ altra
magari che soffi anche meglio
A me sembra ancora assurdo
che domani non mi sveglio
IX
Sono morto prima d’imparare
a parlare a cantare
a leggere a ingoiare
sono morto prima di capire
il meccanismo delle tabelline
I rigurgiti son rutti
ma molto molto più brutti
La vita ti rimane in gola
al primo boccone
e non puoi più respirare
da nessun polmone
Da allora mio padre e mia madre
non mangiano più
nemmeno due uova
Hanno già perduto trenta chili
e vorrei fargli fare una prova
Vorrei ingozzarli
di tutte le cose per ore
così vedono che capita
solo a un caso su un milione
X
Mi hanno fatto togliere il cappuccio
davanti alla telecamera
Mi hanno fatto guardare dritto
e dire che era grande il loro Dio
Mi hanno fatto aggiungere
che il mio era un paese infedele
una nazione serva e uno stato di merda
Mi hanno fatto inginocchiare
e pregare e piangere
Mi hanno fatto vergognare di me
e a saperlo che sarei morto lo stesso
mi sarei comportato da eroe
o almeno più da uomo
almeno per lasciare un buon ricordo
Ora la mia testa e il mio corpo
sono in paesi diversi
L’Italia pagherà novantamila euro
per rimettere insieme i pezzi
XI
Avrò passato mille volte la linea gotica
la mia bici ne ha fatte di corse
Eppure non sapevo che ci fosse
ogni volta in quelle borse
Di notte non vedevo
i compagni impiccati ai rami
Spuntavano tutti insieme
soltanto all’alba al mio ritorno
ed è così che cominciava ogni giorno
All’età vostra ero sempre messa
in castigo dalla maestra
e trattata come la peggiore delle ladre
perché dicevo che non ero figlia
della lupa ma di mia madre
Poi una notte tre tedeschi mi fermarono
e anche se giurai
che tornavo dal presidio
mi spogliarono e agganciarono a un ramo
Uno mi tolse la gonna
mentre gli altri urlavano qualcosa
che non capii mai
E non smisero di farlo
nemmeno quando spirai
XII
Se ogni pallottola costasse un botto
almeno quanto un funerale
tremila euro o giù di lì
non ci ammazzerebbero così
La mia unica colpa
è stata di trovarmi in una Porsche
col cugino di un pentito
Per questo sono stato crivellato
come nemmeno al poligono
A dire il vero nemmeno lo sapevo
che lui era un parente
Per me era solo Domenico
un ragazzo divertente
che i soldi li spendeva in champagne
locali e ragazze d’alto bordo
Di certo non in pallottole
XIII
Non sapevo se spararmi un colpo
o buttarmi da un viadotto
Ma non sopportavo l’idea dei curiosi
che mi avrebbero guardato lì di sotto
In perlustrazione sull’A3
vidi una ragazza che sembrava
godersi il panorama
Era tranquilla carina
una turista polacca biondissima
Quando alzò la gamba
per scavalcare la rampa
non volevo crederci
e per lungo tempo mi parve impossibile
di avere salvato una vita
anzi due considerando anche la mia
A trent’anni di distanza
la verità è che ancora non mi capacito
che ci si possa innamorare
in un modo tanto strano
Comunque ho seguito Radmila…
Dopo la sua morte
quel che avrebbe pensato
guardandomi dall’alto
nel luogo del nostro primo incontro
la gente
mi lasciò completamente indifferente
XIV
Un attimo dopo scivolavo sull’asfalto
senza l’anima
come una busta di plastica
È strano morire in diretta
col tuo migliore amico
che ti passa con la ruota sulla testa
e milioni di persone che ti guardano
e riguardano quel momento
in cui non ci sei più
e dicono che non si può morire così
Non avrei mai voluto per me
un minuto di silenzio
né avrei mai pensato
di essere commiserato
Mettete indietro il cronometro
a un attimo prima
Eccomi
eccomi come davvero sono
giovane ricco bello e famoso
XV
Sul momento ho pensato ad uno scherzo
quando suo marito ha parlato di duello
Oggi la gente non segue le regole
tira fuori subito il coltello
Lui invece volle organizzare ogni dettaglio
Il luogo i vestiti le armi
Tutto nei minimi particolari
per sottolineare che eravamo due signori
Ci presentammo in completo da sera
già pronti per entrare in una bara
Aspettammo le campane
e poi cominciammo mentre il testimone
ci teneva il cane
Non ci odiavamo
in pratica non ci conoscevamo
Però non me la sono sentita
di tirarmi indietro
di fronte a un flagrante adulterio
Il problema di noi signori
è che ci prendiamo troppo sul serio
XVI
Non mi viene in mente alcuna infamia
più grande che essere ucciso
dal proprio figlio
Non mi viene in mente motivo peggiore
che una dose
Io ero il pensionato e lui il pensionante
così stavano le cose
Si svegliava verso pranzo
accendeva tele e sigaretta
e se la prendeva coi politici
minacciando di affiliarsi a qualche setta
Se la giornata era storta
mi chiamava parassita
e dava a me la colpa
per la sua vita
Non si sa che gli faceva quella droga
gli si gonfiavano tutte le vene
e picchiava con tale foga
che sembrava sotto ipnosi
Ogni notte era un delirio
e certe volte dovevo trascinarlo
dentro di peso
perché collassava sullo zerbino
Non riesco a pensare a vergogna più grande
di tutto il palazzo che lo vedeva
salendo e scendendo le scale
e dei condòmini che si svegliavano
augurandoci ogni male
Nella notte più calda dell’estate
con la finestre spalancate
e dappertutto un vento matto
invece di chiudermi a chiave
lo presi barcollante per il bavero
e gli strillai pure io con voce sorda
in modo che sentisse anche la madre morta
che quella roba
mai e poi mai gliel’avrei più pagata
Non immaginavo che sarebbe diventato
il bastone della mia vecchiaia
ma nemmeno l’ultima bastonata
XVII
Il più bello dei mari
è quello dove non sono annegato
quello in cui sono rimasto
con le unghie aggrappato allo scafo
svenuto di freddo e di fame
in una notte nera di catrame
Le sirene all’inizio cantavano
a squarciagola
poi sempre più piano
fino a sibilare un’ultima parola
Le sirene mi hanno urlato in africano
poi in un dialetto strano
e infine la lingua dei morti
Solo allora sono arrivati i soccorsi
in tempo per compiangere i dispersi
e per trascinarmi a riva
unica carcassa viva
Il più bello e il mio unico mare
è quello che potrò dimenticare
XVIII
A trentun’anni
già avevo pronta
la frase per la lapide
l’ho coccolata l’ho limata
poi l’ho tenuta con me
come un testamento
più a lungo di quanto sia durato
il mio matrimonio e ogni lavoro
Solo a settant’ anni ho cominciato
a trovarla datata
e a settantadue
quando è giunto il mio momento
l’ho scartata
Ve la lascio se può servire un epitaffio
nuovo di zecca e mai usato
Non sempre concordo con quello che penso
Non sempre la vita o la morte hanno un senso