Il continente di cenere
Oggi ho piantato un sasso
Oggi ho piantato un sasso
innaffiandolo e parlandoci
dandogli semi e cercando
il terreno adatto
Il mio sogno è che cresca come
un Partenone
Oggi ho piantato in asso
un fiore per un sasso
Amo i fiammiferi
Amo i fiammiferi
che bruciano fino alla fine
eppure nutro un debole
per quelli che si spengono
e a un fievole soffio di vento
improvvisamente si riprendono
Ammetto che penso
sempre più spesso
a quando la capocchia
si stacca dal resto
perché in quel caso non sapremo mai
come avrebbe illuminato l’universo
se per niente o per sempre
se accecando o in modo effimero
Più di tutto vorrei leggere il tuo libro
alla luce di quel fiammifero
Stamattina ho pedinato una formica
Stamattina ho pedinato una formica
Prima girava senza meta
poi si è vista con un’amica
Bisbigliavano talmente basso
che ho dovuto avvicinarmi
di qualche passo
e pure in quelle condizioni
non ho capito se parlassero di yoga
o di rivoluzioni
sta di fatto che a un certo punto
erano cento
Blateravano di sviluppare ali
e diventare api
E poi ordigni atomici
e trasformarsi in uomini
Una sosteneva che voleva
creare un Dio
nero e piccolissimo
capace di far funzionare le cose
anche fuori dal Paradiso
Quando si sono separate
ho ripreso a seguire la mia formica
Ma forse era l’amica
Se non ci fossero i posteri
Se non ci fossero i posteri
in questo mondo si vivrebbe meglio
Nessuno ci vedrebbe
diventare cenere
nessuno riderebbe
delle nostre pene
Nemmeno un pazzo metterebbe in dubbio
che la Terra non sia piatta
o che l’equazione di Einstein
possa essere esatta
Essere studiati essere giudicati
riscoprirsi avi
e finire come quelle ossa
ritrovate negli scavi
Sempre più spesso mi reco
Sempre più spesso mi reco
a Recanati da cieco
senza volere vedere
niente tra il Palazzo di Leopardi
e l’Annunciazione di Lorenzo Lotto
tanto meno il fitto fiotto
di gente dai semplici costumi
che un tempo affettava salumi
e ora fa in fogli sottili
gli Idilli
Vendono un’anima
come se fosse interiora
e la cosa li arricchisce
e li rincuora
Hanno stampato i versi su magliette
cuscini cartoline felpe e penne
Nemmeno lo zerbino del negozio
è rimasto indenne
A Roma c'è un solo quartiere
A Roma c'è un solo quartiere
senza chiese
Lì vado a pregare
tre volte al mese
per i soldi per un bacio
e quando non ho pretese
Lì vado a elemosinare
un sorriso che ricordi il mio paese
Mi concentro guardandomi intorno
dividendo in fotogrammi ogni incontro
in cerca di parole e di persone
a cui rivolgere una supplica prosaica
In questo quartiere non c'è neanche
una moschea ebraica
Come si scrive "Auschwitz"
Dopo il film su Anna Frank i ragazzi
mi chiedono come si scrive “Auschwitz”
un’unica domanda
asettica e ortografica
che non mi crea imbarazzi
Non mi domandano quante persone
stipavano in ogni vagone
se l’odio nasce dalla testa o dal cuore
o perché ti scambiavano il nome
con un numero di targa
come se fossi un fuoristrada
In ogni caso ad Auschwitz ci sono stato
All’entrata c’era un chiosco
dove vendevano wurstel
e la mia domanda
quella che a me sorgeva spontanea
era come si fa
ad addentare carne
in un posto così
Intanto dentro
la gente scattava foto a mitraglia
alcuni addirittura in posa
e uno perfino abbozzando un sorriso
Guardo i ragazzi
che hanno visto il film
e che nonostante le immagini
di cenere e sangue
non hanno proprio altre domande
A come Ancona gli dico
U come Udine
S come Savona
C come Como
H come hotel
W come Washington
I come Imola
T come Torino
Z come Zorro
Gita a Chernobyl
Nessun museo nessun palazzo
nessun quadro nemmeno il Leonardo
né ori né tesori in tutto il tour
li hanno eccitati di più
​
Anche la vecchietta in carrozzella
tutto il gruppo accorre
come un nugolo di mosche
​
Fanno a spintonate per guardare
quel che stringo in mano
come se fossero stigmate
o un talismano
​
Eppure questo oggetto
non ipnotizza non rischiara il buio
non trasmette suoni dolci
né rivela alcun futuro
​
Il mio contatore
ha solo aumentato la frequenza
come il loro cuore
​
Qui la radioattività
ci mostra quanto è stato cancellato
dall’esplosione di tanti anni fa
Di quel boato è il rimorso muto
Il continente di cenere
Un cero per Hitler
Il fiume più non scorre nelle vene
Se ne sono andate in fumo le foreste
e la terra sotto il peso del mio piede
e delle bare cede
Anche le albe
perfino le pietre
son troppo fragili e tenere
nel continente di cenere
Se i miei non si fossero incontrati
in quel campo di sterminio
non sarei nato io
il merito è tutto di Hitler e di Dio
Per questo tengo accanto al letto
i loro quadri
Uno con la barba bianca e l’altro i baffi
Tutt’e due decisi
dal buio del loro covo
a dar vita a un mondo nuovo
Mio padre non l’ho mai conosciuto
ma me lo immagino un po’ come entrambi
ambizioso e vendicativo
convinto di sé e terribile
Tutt’intorno era un delirio
Nessun sogno era più vivo
mentre lui si dedicava con fiducia
allo stupro collettivo
Robespierre
Oggi ho perduto tre teste
e due rivoluzioni
Le ho viste cadere nelle ceste
e cantare strane canzoni
Una mi guardava
come se fossi stato
un colpo di stato
Un’altra aveva gli occhi chiusi
e continuava a ingurgitare barbiturici
La terza somigliava a Robespierre
e se non fosse stata morta
mi avrebbe fatto da carnefice
e da scorta
Aveva labbra rosse
terribilmente ghiotte
e occhi neri come arcobaleni
di notte
Il golpe
Da oggi ogni donna avrà il velo
e anche i tramonti e le albe
saranno occultati da un telo
Da oggi penserò io per tutti
le urla saranno coperte
da grosse risate e da rutti
e ad ogni richiesta d’aiuto
si risponderà con uno sputo
Da oggi ogni mano
laverà l’altra mano
prima di riscrivere la Bibbia
ed emendare il Corano
Da oggi non essere maschi
e non essere servi
saranno delle colpe
mentre atteggiarsi a donne libere
verrà ritenuto un golpe
Come in un cimitero di guerra
Sarà pure un paradosso
ma proprio in nessun altro posto
sulla Terra
giace tanta pace
come in un cimitero di guerra
Werner
Diciannovemilaquattrocento tombe
in questo cimitero abbandonato
e la tua è l’unica foto
Intorno hai eroi sconosciuti
e militi ignoti
Intorno hai una generazione senza nome
caduta senza sapere
né perché né come
Tranne te
tutti hanno perso la faccia
Sono stati cancellati dalla storia
senza lasciare traccia
Forse per questo vien voglia
di portarsi via la tua foto sbiadita
con quei tratti volitivi
che sembrano far parte
ancora del mondo dei vivi
quell’espressione
di chi ci sa fare
e lo sguardo di chi vuole sfondare
Werner
coi tuoi occhi grandi
e penetranti di catrame
chissà quante altre guerre
avresti potuto ammirare
Qualche vita e qualche foglia
Li sento come un sacrilegio
tutti questi vivi al cimitero
Per me il suo maggior pregio
è il silenzio
e considero un privilegio
il venirci da solo d’inverno
camminando avanti e indietro
come se fossi eterno
Amo tornarmene sulle mie gambe
e varcare di nuovo la soglia
dopo aver pestato
qualche vita e qualche foglia
Il parco abbandonato
È stato abbandonato
perfino dal suo prato
Una distesa piena d’assenza
tra siringhe smunte come cannucce
e rami che sembrano grucce
Quelle scatolette non si capisce
se siano di carne o di tonno
Chi ha usato quel preservativo
oggi sarebbe nonno
Van Gogh
Nella morte voglio entrarci in incognito
incappucciato come un ladro
o sconosciuto come uno
che non ha mai venduto un quadro
Vorrei portar con me una tela nera
e dipingere il buio ogni giorno
tutte le volte la stessa notte
senza albe senza lune
soprattutto senza stelle
Vorrei gettare luce su me stesso
anche senza quelle
e vedermi senza occhi
Fa che le stelle si sciolgano
come neve a fiocchi
Un altro naufragio
È così lontana l’altra costa
quando la salvezza
è in direzione opposta
Non conosceremo la sua faccia
né le nostre braccia
riusciranno mai a stringerlo
Noi che lo aspettavamo
per respingerlo
Sta arrivando il cataclisma
Sta arrivando il cataclisma
e per ora si sa solo
che è della peggior risma
​
Pare sia un coacervo di tsunami
intrecciati a terremoti e apocalissi
costellati di frane e uragani
​
Una cosa così grossa
che risveglierà perfino i morti
spolverandogli le ossa
​
Purtroppo non sembra si possa
congegnare bunker o rifugi
per non finire tutti in una fossa
​
Già sento un po’ di brezza
Meglio che mi tolga dalla testa
la puerile idea della salvezza